Uso del suolo nei tempi passati

 

Gli ecosistemi che descrivono e caratterizzano il paesaggio attuale dell'intero Altopiano sono la risultante di una lunga storia ambientale, nelle cui diverse fasi è intervenuto l'uomo, in maniera fortemente incisiva in tempi recenti (ultimi due secoli).

La storia dell'uso del suolo e delle risorse naturali da parte dell'uomo è incentrata sulle attività legate alla sopravvivenza in tempi antichi o meno recenti, e a forme di sviluppo economico più variegate e avanzate in tempi più recenti.

Area archeologica del Bostel

La colonizzazione stanziale dei territori collinari e di bassa e media montagna dell'area vicentina avvenne verso la fine del IV millennio a.c. (tardo Neolitico) da parte delle popolazioni appartenenti alla cosiddetta cultura dei Vasi a Bocca Quadrata; tale colonizzazione interessò il versante meridionale dell'Altopiano, con colture cerealicole e leguminose nelle stazioni sub pianeggianti e a minor pendenza. Tuttavia le principali fonti di sussistenza dovevano essere comunque rappresentate dal pascolo e dall'allevamento degli ovini.

I settori più montani dell'Altopiano, la vasta piana centrale e la parte sommitale settentrionale erano sfruttati quindi per le attività di pascolo e come territori di caccia.

Nei millenni e secoli successivi l'Altopiano vero e proprio rimane un ambiente sostanzialmente spopolato, costellato ai suoi margini da siti e insediamenti con funzione di appoggio e controllo per l'accesso ai ricchi pascoli montani.

Area archeologica del Bostel

Durante l'età romana la colonizzazione dell'Altopiano rimane simile a quella dei territori più montani settentrionali e quelli della conca interna praticamente spopolati e frequentati solo stagionalmente. Le colture cerealicole erano limitate alle zone climaticamente e dal punto di vista dell'accessibilità più favorevoli, sui versanti verso la Val dell'Astico, quelli meridionali e verso la Valle del Brenta; la forma principale di reddito e sussistenza era rappresentata dall'allevamento e dalla pastorizia.

Gli usi dei suoli nell'Altopiano vero e proprio erano sostanzialmente riconducibili al bosco e alle praterie e aree aperte pascolate.

Per tutto il periodo medievale l'Altopiano rimase una realtà tendenzialmente isolata e sottopopolata con vaste aree naturali intatte, soprattutto boscate.

I primi insediamenti stabili e di una certa consistenza in Altopiano paiono risalire al XII secolo, in seguito ad una spinta colonizzatrice promossa dal monastero vicentino di San Felice che cedeva in uso per un certo periodo terreni privi di bosco e aree boscate con creazione di un villaggio stabile nella terra denominata Galade o Galadum (Gallio). Veniva di fatto dato inizio al popolamento e all'appoderamento dell'Altopiano con appezzamenti di prati, coltivi arborati e coltivi e alla fine del 1200 l'Altopiano si presenta come uno spazio frontaliero in pieno sviluppo verso una stabile e più omogenea struttura insediativa.

Foreste in Altopiano

Nei secoli a seguire si consolida la stabilità insediativa e le attività economiche dedite principalmente all'agricoltura, all'allevamento, soprattutto ovino, e allo sfruttamento del legname delle estese foreste presenti.

Progressivamente nei secoli si osserva l'espansione del commercio di legna, legname e carbone, per l'aumento della domanda di legname da opera e di legna e carbone per usi energetici da parte delle popolazioni delle città e delle pianure venete, ormai impoverite di boschi. Lo sfruttamento eccessivo dei boschi tra il XVIII e il XIX secolo viene segnalato come un pericolo per la conservazione e sopravvivenza del patrimonio forestale dell'Altopiano. In quest'epoca l'uso del suolo è caratterizzato nella conca centrale dell'Altopiano da zone aperte con coltivi, prati e pascoli inframmezzate a vaste aree boscate intensamente sfruttate, mentre la parte più settentrionale dell'Altopiano è maggiormente caratterizzata dalla copertura forestale e da praterie e pascoli.

La presenza delle aree aperte e dei pascoli, e le relazioni tra queste e la superficie forestale sono state condizionate nel passato, come ora nel presente, dall'intensità e dalle modalità di svolgimento delle attività di allevamento e pascolo, e dalle interazioni che potevano esserci con le forme di utilizzazione delle risorse forestali che in certi momenti storici hanno localmente agito nel senso di un depauperamento del bosco.


 

Sistema malga

L'insediamento rurale e produttivo nell'Altopiano è rappresentato dal sistema malga, attività d'alpeggio tipica del versante meridionale delle Alpi. La malga è un'azienda ad indirizzo zootecnico, temporanea, poiché è attiva per un periodo limitato nel corso dell'anno, da 90 a 120 giorni l'anno. Essa è costituita da un pascolo, da infrastrutture di servizio (casara, stalla, porcilaia, pozze) e da una mandria di animali. In Altopiano le malghe sono quasi interamente di proprietà collettiva e le migliori sono quelle che si estendono tra i boschi a picea e le mughete, e quelle con esposizione sudovest, su versanti non troppo ripidi. In Altopiano le malghe sono circa 80 e si estendono su una superficie di 7400 ettari circa, con un carico di 5300 U.B.A. (unità bovina adulta). Il numero di U.B.A. per ogni malga è normalmente chiamato carico, calcolato tramite un bilancio tra quanto produce il pascolo e quanto consumano gli animali.

Le razze bovine sono in percentuale: 57% Bruna, 20% Frisona, 16 % Rendena, 3% Pezzata Rossa, 4% Limousine. Alcune malghe sono caricate anche ad ovini di cui il 76,5% di razza biellese, 11,7% di razza massese e l'11,8% di razza sarda. La razza autoctona Foza, oggi scomparsa, è stata incrociata prima con la Lamon, poi con la Bergamasca e infine con la Biellese.

La situazione favorevole dell'attività dell'alpeggio nel territorio altopianese è data da diversi fattori, tra cui una buona presenza di vacche da latte nel territorio e nella pianura limitrofa (alto padovano e vicentino orientale), infrastrutture adeguate alle esigenze, contributi dalla Regione Veneto e dalla Comunità Europea, turismo diffuso facilitato da una estesa rete viaria, zona di produzione del formaggio Asiago.

Malghe di un tempo

Malghe di un tempo Malghe di un tempo

 

Malghe di un tempo

 

 

Alla base dell'uso del territorio sta la disciplina degli Usi Civici, lo strumento che regola l'utilizzo delle proprietà collettive.

Prendendo come esempio il regolamento del Comune di Asiago, sono disciplinati:

Disciplina degli Usi Civici

  • il diritto di legnatico (ramaglia, cimaglia, legna morta, legname per la costruzione e riparazione di fabbricati);
  • il diritto al pascolatico (alpeggi, territori pascolivi non utilizzati dall'alpeggio);
  • diritto di erbatico;
  • i diritti consuetudinari ovvero
    • il diritto di escursione e ricovero nelle malghe;
    • di cacciare;
    • di raccogliere erbe, funghi e suffrutici, rane e chiocciole, foglie morte, felci per la ricorrenza annuale dei morti e muschio in occasione del Natale;
    • di approvvigionarsi di stangame e pali per recinzioni e di legname per esercitare il piccolo artigianato manifatturiero;
    • all'assegnazione di legna di faggio per il riscaldamento della propria abitazione e alle Parrocchie di Sasso e Asiago e al rettorato di S.Rocco, alle malghe che producono il formaggio tipico Asiago.

 

L'Altopiano nel suo complesso porta i segni della sua identità territoriale, storica e culturale, la cosiddetta "parte alta (zona in cui si trova il maggior numero di malghe)" costituisce una zona pressoché omogenea sotto diversi aspetti. Nel mettere in evidenza quelle che possono essere considerate le peculiarità che la rendono "tipica" rispetto ad altre zone territoriali, sono stati individuati i seguenti elementi:

Sistema "Blockbau"

Baiti in sistema blockbau

Si tratta del sistema costruttivo ligneo a "travi incastrate" (in cimbro mit inkastraran Rafesan), ritenuta la tipologia rurale più antica. La semplicità di tali strutture insediative era in realtà giustificata, più che dalla presunta vetustà, dalla diversa funzione e dell'uso temporaneo delle "casàre" che imponeva continui spostamenti al seguito di mandrie, greggi o tagli del bosco. Dal punto di vista compositivo, i veri e propri edifici presentavano quasi sempre due o più corpi di fabbrica, tantè che dai viaggiatori veniva usata la denominazione di "masseria alpestre".

Rete viaria

La zona è dotata di un sistema di percorsi che non trova riscontro in altre zone montane, eredità lasciata dalle grandi opere realizzate durante la I^ Guerra Mondiale. Si tratta di una fitta rete di strade carreggiabili e di mulattiere che interessano l'intero territorio, rendendo accessibili anche siti localizzati in posizioni lontane e difficili.

Formaggio

"in questo luogo (Asiago) alla festa di San Matteo si fa una fiera dove accorre gran quantità di mercanti per comperare lane e formaggi, che ivi da tutte le montagne circonvicine a quei luoghi si conducono in grandissima copia …"
(Francesco Caldogno: Relazione dell'Alpi vicentine e dei passi e dei popoli loro, 1598).

"… ma il commercio più considerevole è quello dei formaggi attesa la qualità che ne fanno quelli specialmente che caricano le montagne i quali riescono molto eccellenti."
(Abate Agostino Dal Pozzo: Memorie istoriche dei Sette Comuni Vicentini, 1820).

Nel 1898 il prof. Sartori della Regia Stazione del Caseificio di Lodi, parla per la prima volta del formaggio Asiago come un formaggio di origine e di tipicità ben precisa.

E' infatti all'inizio del 900 che nascono in Altopiano le prime latterie e i caseifici sociali e che permettono una produzione più standardizzata nelle caratteristiche fisico-chimiche- biologiche, rispetto a quella precedente. Ora si producono due tipi di formaggio D.O.P. (Denominazione di origine protetta reg. CEE n.2081/92 e 510/06 nel 1996) in Altopiano: l'Asiago d'Allevo, di più antica produzione, prodotto tipico degli alpeggi e l'Asiago fresco o pressato, nato nel secolo scorso. Il formaggio Asiago d'Allevo a seconda dell'età di maturazione si chiama Mezzano (4-8 mesi), Vecchio (8-12 mesi), Stravecchio (12- 24/36 mesi) e si produce dopo la scrematura del latte. Alcune malghe, soprattutto nei primi giorni di alpeggio, producono anche l'Asiago fresco o pressato. Rispetto al formaggio di Allevo per il Pressato si utilizzano il latte intero e temperature di cagliata inferiori. Le forme vengono pressate sotto il torchio per spurgare il siero e la maturazione si effettua in 20-40 giorni. Le forme di Asiago prodotte nelle malghe del territorio annualmente ammontano a circa 25 mila.